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#1 2011-11-29 15:06:14

eynis
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da: Brescia
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STO SCRIVENDO UN LIBRO...IMPRESSIONI SUL PRIMO CAPITOLO?

IL TITOLO DEL LIBRO è: ALLA LUCE DI DUE SOLI.

Capitolo Uno
Quindici anni prima
E
ra una giornata calda e bella, ma all’orizzonte una minaccia avanzava, guidata da un bimbo in fasce, l’erede prediletto della Terra della Felicità. Quel bambino, Laerte, stava dando inizio a una nuova battaglia, che sarebbe iniziata con la caduta dei vecchi sovrani, e interrotta quattordici anni per aspettare l’arrivo degli eredi mandati in un'altra dimensione per sottrarli alla guerra, perché troppo piccoli per combattere. Il bambino ignaro di quello che stava facendo dormiva tranquillo tra le braccia della madre vestita per la battaglia di tutto punto, come una vera regina, la donna avanzava retta e solenne, aspettando di salutare il quinto figlio. La prima freccia fu scagliata, era intinta nel sangue di Laerte. La madre gli diede un bacio sulla fronte e una sola, piccola lacrima solcò il volto della bellissima donna, lasciando trapelare l’amore per il figlio che teneva nascosto accuratamente, dopo di che il bambino fu lasciato nelle braccia di una damigella che tornò al palazzo di corsa perché aveva paura che qualche soldato nemico avesse teso un’imboscata, e lei, Agata, damigella della famiglia reale da generazioni, non voleva che succedesse nulla al bambino, che povero, non aveva nessuna colpa e che doveva ancora provare a vivere la sua vita. Davanti al castello la aspettava Medea la maga che lo avrebbe portato in un'altra dimensione.
Si dice che i bambini sentono chi ha paura o chi è inesperto, infatti, quando la maga lo prese in braccio, Laerte, che aveva dormito tranquillo per tutto il viaggio con la damigella, si svegliò subito e si mise a piangere.
Poteva essere bravissima con la magia, ma con i bambini non sapeva come comportarsi, era ignara delle regole, anche quelle più semplici. “Stai tranquilla, non può farti del male, è una creatura così bella e indifesa…” pensando così si mise a cullarlo e il bambino lentamente, molto lentamente si calmò, fino a riaddormentarsi nuovamente. Restò così per un po’, quanto le sarebbe piaciuto avere un figlio dal suo amore, ma quando era iniziata la guerra, secoli or’sono, si erano dovuti dividere per tornare ognuno nella sua patria, e da quel momento non si erano mai più rivisti. – Sai piccolino, se c’è qualcuno che può fermare la guerra quello, sei tu. Pensa che bello, potresti nuotare felice nel tuo mare senza paura, questa guerra non fa bene a nessuno. Tu diventerai un grande sovrano, te lo dico io!-. Dicendo così Medea pronunciò la formula magica e il bambino le svanì dalle braccia. Cadde a terra, e si mise a piangere lacrime amare.
A lei era stato dato un potere stupendo, ma allo stesso tempo terribile. Lei era eterna, come il suo amore perduto, lei aveva visto tutto del futuro, un futuro amaro e dolce allo stesso tempo. Aveva visto il futuro, come un frutto proibito, e accecata dalla bellezza del sapere si era fatta abbindolare rovinando la sua vita, il suo amore, e anche due terre, tutto per colpa di quel frutto proibito che l’aveva stregata.

Intanto in un'altra dimensione, fuori dalla porta di una bella villa, un bambino avvolto in una coperta sporca e ricoperta di sangue piangeva, piangeva a squarcia gola, svegliando i proprietari di quella casa che, ancora mezzi addormentati, scesero verso la fonte di quel rumore assordante. Quando aprirono la porta e guardarono il pianerottolo sporco di sangue e la causa di quelle urla qualcosa si aprì dentro di loro. La donna si chinò e prese il piccolo fagotto tra le braccia. Subito dalla coperta non giunse più alcun suono. Quel bambino aveva trovato la sua casa, e quella coppia aveva trovato il proprio figlio.
La donna entrò in casa seguita dal marito, appoggiò il fagotto sul tavolo e piano lo aprì. Comparve così un bellissimo maschietto, con una piccola voglia sul polpaccio destro e un taglio vicino al cuore che continuava a sanguinare e che stava togliendo il respiro al bambino di appena pochi giorni. La donna guardò preoccupata il marito che capì al volo. Prese il telefono e compose il numero del pronto soccorso. Invisibile in quella situazione, una piccola lacrima troneggiava sulla fronte del bambino.
L’ambulanza arrivò in fretta e portò il bambino d’urgenza all’ospedale più vicino.
Il bambino fu operato e restò per molto tempo in bilico tra l’abisso della morte e la luce della vita che gli stava già pianificando il futuro in previsione delle giornate che avrebbe vissuto.

Fuori nella sala d’aspetto i genitori aspettavano. La donna, di nome Giulia, aveva quasi venticinque anni, era bella, molto bella, i capelli erano neri, neri come il carbone, e ci si aspettava che prendessero fuoco da un momento all’altro. Gli occhi verdi, verdi come il cuore della foresta, in quel momento ardenti di paura per la piccola creatura indifesa che si trovava sotto i ferri. Aveva un corpo alto e asciutto. Una bella donna che fino a qualche anno prima era stata corteggiata da numerosi ragazzi attratti dalla sua bellezza, ma tra tutti quelli ne aveva scelto uno, e forse anche quello che non la guardava mai, quello che era meno interessato a lei.
Si sta parlando di Simone, uomo che aveva trent’anni compiuti da poco. Era un uomo di quelli normali che se ne vedono a bizzeffe, non aveva niente di speciale, capelli e occhi marroni, alti e magri, niente in confronto alla moglie che poteva sembrare un’attrice di Hollywood, ma la cosa che lo caratterizzava maggiormente era l’intelligenza.
Infatti era un uomo fuori dal comune per quel semplice dettaglio, di quello si era innamorata Giulia, e se prima lui non le faceva tanto caso, considerandola la ragazza bella e stupida, dovette ricredersi in fretta, perché imparando a conoscerla anche lui si era innamorato della sua simpatia e determinazione nel fare una cosa.
Si sposarono quasi immediatamente. In quel momento erano assieme da due anni e mezzo. La sfortuna però scelse quella coppia per trovare rifugio e decise che non avrebbero potuto avere figli. La coppia ci rimase molto male perché tutti e due adoravano i bambini, ma non poterono fare niente per cambiare quel piccolo difetto di entrambi e dovettero rinunciare all’idea di cambiare pannolini e di andare in giro con una carrozzina. Ma il fato quella sera volle diversamente.

Il bambino restò in coma per tre giorni, tutti i dottori lo diedero per morto, ma alla faccia del destino e della vita il quarto giorno il bambino aprì gli occhi e iniziò a vivere la sua vita. Quando i genitori andarono nuovamente a guardare la voglia celeste non la trovarono più.


Era  una giornata soleggiata e bella, troppo bella per quello che stava succedendo.
- Ci attaccano, presto alle armi!- risuonò l’allarme in tutto il castello. - Noi non attaccheremo.-                                                                                     - Ma maestà, ci stanno attaccando!- continuò la guardia. –Dobbiamo difendere il castello e le persone che ci vivono!-
- Ha sentito soldato? Noi non attaccheremo!                                   
- Certo, Maestà, come desidera, ma cosa faremo, ce ne staremo qua aspettando che ci massacrino?-                                                                                                - Buona idea, non ci avevo ancora pensato.-                                                                                 
- Ma maestà, se verremmo uccisi tutti, questa guerra non avrebbe senso! Già m'immagino i titoli sui libri del futuro: “ dopo secoli di guerra la Terra dei Sogni viene massacrata in un giorno!”-                       
- Questa guerra non a mai avuto un senso, combattere per vedere se è meglio i sogni o la felicità! Che sciocchezza è mai questa?- gridò il re. – Invece di strillare vai a chiamare Evian il Mago!-                           
- Si signore!- e la guardia si allontanò.
– Guglielmo non ti arrabbiare con la guardia, lui non ha fatto niente. Piuttosto, cosa facciamo con Armonia? Non può restare qui, in mezzo alla guerra! Non è il luogo adatto per una bambina!-                                                                   
- Elisabetta, non ti agitare, ho fatto chiamare apposta Evian, la faremo trasportare in un'altra dimensione, in un posto lontano dalla guerra e dal sangue.-                                                                                                   - Ma lei non ci vedrà mai più, si affezionerà ad altri genitori, noi non le staremo mai accanto, non la consoleremo, non le faremo le coccole!-
- Elisabetta, non abbiamo altra scelta, le opzioni sono due, o resta qui, in mezzo alla guerra, o da un'altra parte, con degli altri genitori, scegli.-                                                                                                         - Con degli altri genitori, so che è la cosa giusta, ma adesso che l’abbiamo trovata mi dispiace lasciarla, non ne sono ancora pronta.-                                                                                         
- Ti capisco benissimo, anche a me dispiace, e comunque vedrai che un giorno ritornerà da noi,  e capirà il nostro gesto, non ti preoccupare.                                                                                                 
– Va bene, tu vai nella sala, io arrivo subito.                                         
– Vado, Elisabetta, non preoccuparti, non le succederà niente…                                                     
- Lo so, vai io arriverò subito, voglio stare da sola ancora un po’ con Armonia…- con le ultime parole che gli riecheggiavano nella testa Guglielmo se ne andò. – Oh piccolina, non avere paura, non ti succederà niente, e per riassicurarti ti farò un bellissimo regalo,- Iniziò la regina con le lacrime agli occhi, -no tesoro non piangere, devi essere forte, e quando tornerai qua la mamma non ci sarà più, quindi, per favore, godiamoci questi pochi minuti che ci restando da passare insieme.- Dicendo così la regina pose una mano sulla testolina della figlia, dove si vedevano già spuntare i primi accenni ai capelli color carota, quando la tolse, rimase una piccola macchiolina rossa, che dopo qualche secondo scomparve, come se non ci fosse mai stata. – Ecco, così io ti sorveglierò sempre, ovunque tu sarai, ti vedrò crescere come se fossi sempre stata al mio fianco, come se non fosse mai successo nulla, anche dopo che sarò morta, il mio spirito sarà legato indissolubilmente dal filo rosso del nostro sangue…- delle grosse lacrime iniziarono a scenderle lungo tutta la faccia. Anche la bambina, vedendo piangere la mamma iniziò a strillare e a divincolarsi. La regina la cullò dolcemente fino a quando non si addormentò.
Si sentì all’improvviso la voce forte di Guglielmo  - Elisabetta! Vieni qua è tardi.
Così si avviò verso la sala, dove avrebbe dovuto abbandonare il corpicino fragile di sua figlia.
Evian era pronto al centro della stanza, prese in braccio il fragile corpo della principessa e pronunciò le parole magiche che avrebbero trasferito la bambina in un luogo qualsiasi di un’altra dimensione. Quando la bambina scomparve Elisabetta cadde a terra squassata dal pianto. Guglielmo fece uscire il mago. Quando fu uscito si chinò verso la moglie, le prese il viso tra le mani, lo alzò delicatamente e le asciugò le grosse lacrime che le solcavano il volto, ma quelle continuavano a cadere sempre più numerose, allora anche il re si accovacciò a terra e si mise a piangere stretto forte alla moglie lasciava andare tutto il dolore che lo affliggeva.

Uscito dalla stanza Evian si diresse in fretta nella sua stanza e si mise alla scrivania. Scriveva alla sua amata persa da tempo. Quanto avrebbero avuto avere un figlio.
Scrisse pagine e pagine di lettera che non avrebbe mai avuto l’occasione di mandare alla donna che amava, ma non gli interessava, le avrebbe conservate con cura come tutte le altre e quando si sarebbero rivisti, perché lui lo sapeva che un giorno, non molto lontano, si sarebbero rincontrati e avrebbero coronato tutti i loro sogni tenuti in un cassetto chiusi a chiave per tutti questi secoli, lui le avrebbe dato tutte quelle lettere che aveva scritto durante tutto il tempo che li aveva separati.
Sulle ultime frasi, quando parlava della bellezza di avere figli, gli caddero involontariamente grosse lacrime calde che cancellarono le parole appena scritte. Fece asciugare l’inchiostro e piegò i fogli, dopo di che aprì un piccolo cassetto della scrivania e ci infilò i fogli a far compagnia ad altre centinaia di lettere.
Si alzò dalla sedia ed andò alla finestra dove si vedeva tutta la Terra della Felicità, era stato lui a richiedere quella stanza apposta per ammirarne ogni giorni il paesaggio.
Ormai si stava facendo buio, la luna era piena e Evian si mise a fissarla. “Se vediamo la stessa luna, non vuol dire che siamo così distanti…”

Dall’altra parte, in un posto non così distante, una donna si affacciò da una finestra che vedeva tutta la Terra dei Sogni e si mise ad ammirare la luna.

In un paesino disperso da qualche parte apparve una bambina su un pianerottolo e una giovane coppia che tornava dalla passeggiata serale aprendo la porta inciampò su quel fragile corpo avvolto in una coperta. Stupiti si chinarono per raccoglierlo e si guardarono intorno per vedere se ci fosse qualcuno, ma nella tiepida serata di settembre non si vedeva nessuno di sospetto. Portarono la bambina in casa, e appena l’appoggiarono sul loro letto i loro corpi scomparvero.
Chiara era una donna giovane, aveva ventiquattro anni, i capelli biondi e gli occhi azzurri. Non molto alta ma magra e atletica. Essendo una donna intelligente e preparata ha trovato facilmente lavoro in un’agenzia e siccome laureata in lingue lavora all’estero per conto di quella ditta. Lavorando per conto di quell’agenzia conosce suo marito, Gianni, che è il capo dell’azienda, si innamorano e si sposano.
Gianni, capo della ditta per cui lavora Chiara ha ventisei anni ed ha ereditato il lavoro dal padre. Lui è alto, molto più alto della moglie, con gli occhi verdi e i capelli biondi ha avuto molte esperienze amorose da giovane, ma quando Chiara fu assunta nella sua ditta se ne innamora subito. Scopre che l’amore è ricambiato e si mettono assieme. Adesso è un anno che sono sposati.
Quando ricompaiono Chiara e Gianni si trovano davanti a se una figura incappucciata.
Piano la figura si tolse il cappuccio lasciando ricadere dei boccoli biondi sulle spalle. Fissò i suoi occhi verdi in quelli della giovane coppia. – Ho bisogno del vostro aiuto…- dicendo quelle parole gli occhi della donna diventarono gialli, poi fu tutto buio per Chiara e Gianni, ma quando tornarono alla loro camera da letto tutto nella loro vita era cambiato. Ora sapevano cosa fare.


Sono una creatura fatta di lettere, un personaggio disegnato da frasi, il prodotto di una fantasia scaturita dalla narrativa.
 
 

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