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#26 2012-08-19 14:19:40

charlotte-c
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Re: GDR:Princess of Rebilia

Un "bip" interruppe quel silenzio irreale che si era creato tra me e mia madre, era durato solo un minuto eppure a me era sembrato eterno.
- Finalmente - sbottai spazientita dall'attesa.
Mi tolsi il termometro, curiosa di vedere se avessi ancora la febbre.
Ma prima che potessi anche solo darci un'occhiata mia madre me lo strappò dalle mani con fin troppa foga, graffiandomi leggermente con le unghie affilate, le guardai, così perfette da sembrare quasi finte, aveva steso uno smalto viola scuro, la superficie cupa rifletteva la luce flebile del tramonto, senza un'imperfezione, uno spazio bianco, era perfetto, come tutto quello che faceva mia madre d'altronde.
Sapevo la sua storia, per quanto la potesse nascondere la sapevo, i miei nonni mi avevano raccontato che era una bambina prodigio, tutti i suoi compagni la invidiavano, inoltre avevo sentito più volte le sue canzoni, lei era perfetta.
Non sbagliava mai, mentre io? Io che sapevo fare? Niente.
Ero inutile. Inutile. Ma infondo che importava? Non era colpa mia se mio padre era morto. Poi scommettevo che tre quarti delle persone che conoscevo avrebbero fatto di peggio. Io comunque non ferii nessuno. Loro chi erano per giudicarmi? Erano tutte persone orribili, molto peggio di me. Sicuramente, potevo anche essere un'incapace ma ero meglio di loro. L'unica che conoscevo essere migliore di me era mia madre, brava in tutto quel che faceva.
Tranne forse quand'era preoccupata, aveva un'aria affannata, sembrava fin troppo preoccupata, come potessi avere qualcosa di più grave di una leggera influenza.
La vidi incollare gli occhi al piccolo oggetto di quel bianco grigio, liscio e lucido. Dopo aver visto il numero sul termometro, sospirò, sollevata. Si lasciò sulla sedia foderata in seta bianca(sì seta... problemi?).
Evitai di alzare gli occhi al cielo o fare una faccia stralunata solo perché era mia madre, anche lei aveva lasciato mio padre, anche lei aveva sofferto. Forse era l'unica che mi capiva, che poteva davvero comprendere quel  che provavo.
Ma non dissi niente, non le chiesi se mi fosse totalmente passata, l'avessi bassa o fosse solo leggermente alterata la temperatura. Invece andai al centro del letto e incrociai le gambe in un atto quasi involontario.
Osservai meglio la camera di mia madre, non mi ero mai soffermata troppo a guardare, rievocava i ricordi di mio padre.
Anche a mia madre effettivamente, infatti aveva cambiato arredo, ormai era un anno. Eppure non riuscivo a guardare lo stesso, perché le pareti qualunque carta da parati ci mettessi erano sempre gli stessi muri, il pavimento qualunque moquette ci mettessi nascondeva lo stesso parquet scuro, da sembrare ebano.
Per quanti mobili si possano cambiare rimarranno le "orme" lasciate dai tanti anni passati su quel pavimento.
Ma quel giorno mi feci coraggio, alzai lo sguardo, a sostituire la semplice lampadina con ventilatore c'era un lampadario sontuoso, le decine di cristalli bianchi riflettevano il candore e l'oro dei mobili, riflettendo la luce della lampadina interna dorata e argentata, dando alla stanza un aria angelica e preziosa, come se la camera per sé non lo fosse già. Sembrava mia madre stesse cercando di purificare la camera, come se potesse servire a far tornare in vita mio padre, e lo sapevamo entrambe che niente lo avrebbe mai fatto tornare in vita.
Se invece fosse stato per quello che aveva arredato in quel modo la camera? Per dimenticarlo, visto che non sarebbe mai tornato in vita?
Possibile quel vuoto che sentivo nello stomaco fosse perché non riuscivo a lasciarlo andare?
Dovevo osservare ancora, dovevo dimenticare.
Le pareti una volta rosse dai decori bianchi avevano sopra una carta da parati, era tutta bianca con sopra dei dipinti, sembravano fatti da qualcuno, sembrava che le pareti fossero una grande tela, vicino ad ogni quadro c'era una "c" col cerchio di copyright.
Come avevo fatto a non capirlo prima? E se fosse stato così che mia madre era riuscita a superare la sua morte? Grazie a dipinti sensazionali? Ma com'era possibile, era un prodigio ma non poteva saper fare così bene perfino quello.
Chissà chi era stato, sicuramente non era fatto a macchina come la scrivania, di marmo bianco, sostenuto da quattro gambe oro, senza cassetti. C'era solo una sedia, uguale a quella su cui era mia madre.
Tornai a osservare la scrivania, non poteva essere marmo(non siamo mai state ricche!), probabilmente era colpa della febbre appena avuta, non ero abituata, ero piuttosto resistente alle malattie.
L'armadio era lucido, due ante di vetro e due bianche, lucide.
Le maniglie erano normalissime, solo color oro. Quell'armadio stonava un po' col resto della camera dall'aria antica, era così moderno e semplice. Eppure dava un tocco di familiarità. Protezione. In realtà era la camera, era come se quel semplice armadio mescolato al resto del particolare mobilio creasse un perfetto incontro tra realtà e fantasia.
- Non hai nemmeno trentasette tesoro, solo quasi - come se mi importasse! Se non l'ho chiesto forse voleva dire che non mi interessava! Era mia madre come aveva fatto a non capirlo!? - Non mi interessa! - quasi gridai contro mia madre, appena urlato me ne pentii.
Che diritto avevo? Come al solito avevo agito d'impulso. Senza pensare.
Il suo volto si rabbuiò, forse deluso, sicuramente deluso.
Le avevo urlato contro, perché? Perché mi aveva dato un informazione? Ma questo non mi rendeva colpevole, lo sapeva com'era il mio stato d'animo. Mi capiva e sapeva che io ero giustificata.
- Scusa - lo dovevo almeno dire per mia madre.
Scivolai lentamente fuori dal letto, i piedi a contatto con la morbida e pelosa moquette ebbero una sensazione di disagio, poi furono estasiati dal massaggio fornito da essa.
Era bianca, come il resto d'altronde.
Sapevo di aver sbagliato, lo sapevo fin troppo bene, ma cosa dovevo fare?
Io avevo un motivo per sbagliare.
Un motivo valido.
- Il Dottor Lambert ti vuole vedere Jacqueline - il rompiscatole? Il peggior psicologo al mondo? Dovevo andare da quel tizio?
Riemerse il ricordo della mia prima seduta.

Era settembre, ero appena tornata dal mio quinto giorno di scuola, fino ad ora il liceo non si era rivelato la delusione che mi aspettavo. Il giorno mi ricordava particolarmente quello della morta di mio padre, piovoso, cupo ma normale. Sembrava un normalissimo giorno, entrata in camera mia gettai lo zaino in un angolo. Poi mi affacciai alla finestra, erano passati pochi giorni, non mi ero ancora abituata alla mezzora che ci volevo per andare e tornare da scuola.
Il cielo era come prima, la speranza che in tre secondi fosse cambiato affievolì.
Avevo solo pochi minuti prima di dover andare dallo "
psicologo", un brivido partì dalla spina dorsale e raggiunse la nuca, ero quasi disgustata, ma in realtà terrorizzata.
L'ospedale psichiatrico non me lo sarei mai dimenticata, era stato orribile, era strano, oh sì lo era! Ricordavo tutte quelle persone, era quasi peggio della prigione, uno mi guardava sempre con un occhio di vetro, giuro aveva un'occhio di vetro, era troppo raccapricciante, mi osservava, con quell'aria da pazzo, una ragazza di diciott'anni invece una volta ha provato a darle un pugno, solo perché l'avevo salutata.
Ovviamente ci fu un medico che mi salvò. Eppure ero rimasta un po'... male? Non sapevo definirlo nemmeno in quel momento, anche se ormai ero uscita di lì da qualche mese.
Così riluttante andai a prepararmi. Mi tolsi completo, non avevo ancora definito un mio stile, ma ne ero alla ricerca. Ma a quanto pare dovevo andare "semplice" dallo psicologo. Così mi misi una una maglietta a maniche corte con un paio di jeans. Semplice ma comoda. Andai nel mio bagno e sciolsi il concio, presi lo struccante e tolsi il leggero strato di ombretto dorato. Mi tolsi anche il lucidalabbra e fui pronta. I miei occhi emanavano ancora quell'aria che fa scappare chiunque, tanto meglio, forse mi sarebbe stato alla larga.
Andai all'ingresso e presi cappotto per precauzione, la pioggia si stava trasformando in acquazzone.
Dopo pochi minuti senza pensieri arrivò mia madre a cui dissi - Facciamo veloce - in tono accusatorio, ero un po' arrabbiata con lei per non esserci stata, per non avermi tirato fuori da quel luogo. Quel totale inferno.
Andai di sotto e uscii dal mio palazzetto a due piani in fretta. Appena uscii fui travolta da una luce accecante, il sole era arrivato, ma c'era ancora della pioggerella, così proseguii a testa bassa con mia madre che tentava di seguirmi.
Nonostante stessi quasi correndo, per andare dallo psicologo, questo certo Dottor Lambert.
Alla fine la mia corsa si trasformò in un trotterellare allegro ed entrai in un momento dolce bambina, probabilmente ad aver fatto questo effetto su di me era il sole e l'arcobaleno che avevo scorto in lontananza. Ero quasi incuriosita dalla mia solarità, era da mesi e mesi che non mi sentivo in quel modo, avevo avuto il momento nero più lungo di sempre. Non ricordavo più come fossero i momenti dolce bambina. Respirai a pieni polmoni quella che forse sarebbe tornata la mia vita, forse da quel momento sarei rinata, sarei tornata la ragazza di un tempo.
Con un sorriso sulle labbra tornai indietro dicendo - Mamma ti aiuto io! - rimase un attimo sbigottita per poi ricompose, si capiva dalla nota felice nel suo sguardo quanto fosse orgogliosa di me. Quanto fosse rincuorata, quanto nutrisse le mie stesse speranze, l'abbracciai, avevo bisogno di lei. Mi chiesi quanto l'avessi trascurata in quei mesi.
Poi andammo in macchina, ero troppo entusiasta per fare qualsiasi cosa.
Quei venti minuti furono fin troppo veloci, le colline verdi scomparvero ai miei occhi in troppo poco tempo.
Insomma in un battito di ciglia mi ritrovai davanti alla villa dello psicologo, appena entrai fui travolta da una montagna di verde, verde e bianco, tutto era verde e bianco, c'erano tre o quattro porte, davanti a noi stava invece un'imponente scala bianca, la salii cauta, ero un po' insicura, e per un po' intendo molto. Strinsi la mano di mia madre che la strinse a sua volta.
Un passo, non accadde nulla.
Due passi, non accadde nulla.
Tre passi, non accadde nulla.
Un passo era un gradino, e andò così fino al ventunesimo gradino quando finalmente arrivammo al  secondo piano.
Suonammo il campanello ad una porta in legno di quercia(o almeno pensavo fosse legno di quercia), aprì una donna paffuta, era bassa, si toccava con fare insistente i ricci bruni raccolti in una crocchia da cui sfuggivano molti ciuffi, data la disposizione dubitavo fossero sistemati apposta in quel modo, la pelle era color caffè, il naso era a patata e indossava vestiti vintage ma che erano passati di moda almeno una decina d'anni prima, sembrava innervosita dalla mia visita. Ma comunque cercava di sembrare accogliente mentre con una mano ci accoglieva all'ingresso, solo in quel momento mi resi conto che non era la villa dello psicologo ma che lo psicologo aveva uno studio nella villa. Dentro l'aria era angusta, improvvisamente cominciai a soffrire di claustrofobia, il mio respiro divenne insistente e affannoso, mentre la mia mente guardava la stanza, c'erano un paio di sedie di plastica grigie, di quelli di una qualità così scadente da non trovarsi neppure in vendita. Le pareti sembravano quelle di un ospedale, bianco cadaverico con una sottile linea rossa, un rosso sangue però al posto del rosso acceso.
Il pavimento era in quello che probabilmente era un finto marmo, grigio dalle striature rossastre. C'era due sole porte, una era quella in legno mentre l'altra era di... ferro? O almeno era rivestita di ferro, aveva una piccola finestrella che hanno certe porte, quelle con quel piccolo vetrino che lascia intravedere dentro, solo che era coperto da una mini tenda, probabilmente avevano stracciato una coperta perché non sembrava né una tenda né fatto apposta, sembrava stracciato e dubito facessero tende di quella dimensione.
C'era un piccolo bancone bianco, troppo alto perfino perché potessi appoggiarci il  mento, e non ero bassa, ero piuttosto alta. Infatti dietro c'era un rialzamento.
La signora dai ricci di cioccolato(da dove mi era venuto quel soprannome poi?) ci andò dietro e consultò alcuni cassetti sotto la scrivania, tirò fuori una cartellina e disse - Voi siete? - aspetta, in quel fascicoletto c'erano tutti i suoi pazienti, saranno stati come massimo nove, o forse perfino meno, probabilmente era un periodo brutto per i suoi affari, più che tutto lo speravo. Non era un buon segno che ci fossero pochi pazienti, il momento dolce bambina cominciò a dissolversi pian piano, provai a rivolgere a mia madre uno sguardo preoccupato, ma ve lo trovai proprio sul suo di viso. Anche per lei doveva essere stata una brutta sorpresa, un brutta sorpresa che non avrebbe voluto incontrare.
- Jacqueline Leclerq - disse mia madre, la voce non era molto pacata, era piuttosto nervosa, ma il timbro celestiale la fece sembrare cortese.
La donna sorrise, aveva frainteso il nervosismo per gentilezza grazie alla voce. Era un miracolo quella madre che mi ritrovavo, era perfetta. Era tutto ciò che non ero io. Scossi la testa per scacciare quei pensieri per quanto reali.
- Oh tesoro! Vieni Jacqueline! - e prese per le spalle mia madre per condurla dentro, sgranai gli occhi, e pure lei era parecchio a disagio, la signora dai capelli color cioccolato sembrava davvero comprensiva nei confronti di mia madre.
Quest'ultima sfuggì dalla sua presa e disse - No! No! Non sono io Jacqueline! Io sono sua madre! Ma l'avevo scritto nella richiesta che aveva quattordici anni!! - sembrava sconvolta, leggermente intimorita e... infuriata? Mia madre? Eppure aveva solo commesso un innocuo sbaglio, anch'io ero rimasta piuttosto sconvolta ma la reazione di mia madre(soprattutto perché si trattava di mia madre) mi sembrava esagerata. Sentii i miei occhi cominciavano ad avere una tonalità più tendente al rosso, ma erano ancora ambrati, decisamente, sentivo ancora una briciola di quell'entusiasmo infantile.
Così alzai le spalle, indifferente.
La donna sembrò più innervosita che imbarazzata il che mi ricordò il covo di matti. No. Non ero lì, ero da uno psicologo. Niente di più. Uno psicologo.
Cercando di calmare il terrore che mi portava quel posto mi avvicinai alla porta di ferro.
La signora dai ricci di cioccolato sbuffò poi si avvicinò ai registri con aria innervosita dalla situazione. Sgranò gli occhi, in realtà era un piccolo movimento appena percettibile, ma mi bastò un'occhiata veloce a mia madre per farmi capire che anche lei se n'era accorta, e sembrava proprio stufa.
Sono sicura che altri cinque minuti con quella donna e saremmo tornate a casa, ma fortunatamente non passarono.
La signora dai ricci di cioccolato si presentò - Marià - notai il buffo accento che aveva messo sull'ultima "a". Non sembrava di qua, cioè, era ovvio i genitori non fossero di qua, ma lei non aveva un accentò francese, né solito di quelle della sua provenienza. Era indefinibile, l'avevo sentito anche prima ma in quel momento era molto marcato.
Sospirai mentre mi conduceva nella stanza dello psicologo, sentivo il fastidio di mia madre come fosse un'energia. Un energia pericolosa. Ma tolsi mia madre dai miei pensieri e osservai la stanza, stava un'enorme finestra, ma avevano abbassato la tapparella e messo una tenda così spessa da rendere ancora più impossibile riuscir a far filtrare la luce, che proveniva invece da una lampada a stelo bianca. La stanza era fin troppo simile a quella di prima, con la differenza che c'erano due divanetti bianchi mezzi rotti, o almeno a me sembravano mezzi rotti. E non ero una diva di Hollywood, sapevo distinguere un divano un po' brutto e di bassa qualità da uno rotto. Seduto su uno dei divanetti, quello più stretto, stava un uomo che guardava un paio di fogli, era calvo, sembrava piuttosto magro e tutto il contrario di tonico, quando sentì dei passi alzò lo sguardo immediatamente, allerta. Poi mi vide e mi squadrò da capo a piedi
neanche tu sei una gran bellezza pensai subito innervosita da quelle accurate esamini, in realtà non era falso, era leggermente mono ciglio, aveva il volto rigato da un numero indefinibile di rughe. Per non parlare degli occhi da talpa, di un marrone grigio piuttosto disgustoso.
Mari
à come si era presentata lei se ne andò, lo psicologo mi fece cenno di avvicinarmi e sentii la mano calda di mia madre che mi stringeva la spalla con fare incoraggiante, spinta dal suo amore mi avvicinai allo psicologo che mi strinse la mano dicendo - Tu devi essere Jacqueline, io sono Lambert - la sua voce da oca mi fece incupire subito, sentii che quelle grazie dei momenti dolce bambina mi abbandonavano per lasciare il posto ai momenti neri, sentii i miei occhi prendere quella sfumatura rossastra.
Quel lieve sorriso che prima nonostante tutto era sul mio volto scomparve lasciando posto e al niente.
Il volto del dottor Lambert si incupì, poi scettico chiese - I tuoi occhi? - io un po' infuriata da quella domanda chiesi irritata di rimando - Che le importa?! - ero arrabbiata! Non era nessuno! Quel luogo era orribile! Mi sentivo una vera e propria bomba a mano, che non era ancora pronta ad esplodere, a cui mancava finissero di togliere la linguetta per scatenarla.
Ed era esattamente quello che stava facendo il dottor Lambert - Siediti prego e chiedi a tua madre di andare - e con un gesto teatrale mi indicò il divanetto. - Glielo chieda lei - sibilai infuriata, strinsi i pugni, avevo gli occhi lucidi, mancava davvero poco.
- Signora potrebbe andare? - mia madre mi lanciò un'ultimo sguardo preoccupato e se ne andò dalla stanza. Io mi sedetti sul divanetto, una sottile lacrima solitaria mi rigò il volto, ma dovevo resistere, non potevo esplodere... non potevo. Per quanto potesse essere scomodo quel divanetto non potevo... - Allora, Jacqueline, qual'è il tuo
problema - bomba azionata e... BUM! Bomba esplosa, no la mia vita non sarebbe migliorata.

Il ricordo era vivido, lo ricordavo perfettamente. Poi come era arrivato sparì, come un flashback.
Ma solo dopo un po' avevo capito bene quanto significassero in realtà quei momenti, capivo il momento dolce bambina, per un po' avevo visto lo psicologo non come una delle persone in quel covo di matti, ma come una vera e propria possibilità, una persona che potesse aiutarmi, far tornare la persona di un tempo. Potesse rendermi di nuovo dolce. Ricordare era doloroso, sentii gli occhi già inumidirsi, ero così cambiata da allora, se in bene o in peggio non saprei definirlo. Ma in realtà ero sempre la stessa persona. Dentro non ero cambiata. Non che questa fosse una brutta cosa. Solo che mi metteva a disagio pensare a quanto fossi cambiata ma in realtà no.
Aggrappai con le dita dei piedi la moquette. Non dovevo ricordare... mi fece scorrere un paio di lacrime sul volto, mi sentivo crollare, vuota, infuriata. Ed era tutta colpa sua! Di quella sottospecie di psicologo! Era lui che mi faceva ricordare quello che dovevo dimenticare! Non volevo andarci! Non volevo! Era un mostro! Sentii fremere, gemere di rabbia.
Forse perdevo il controllo facilmente ma lui... lui... i miei pensieri cominciarono a perdere senso e come una pazza, cercando di tenere un tono fermo dissi(o feci qualcosa di molto più raccapricciante) - Non... non ci andrò... i... io... - mancò poco che mandassi un grido agghiacciante. Ma mi trattenni e continuai in quel balbettare abbastanza inquietante per mia madre(lo ammettevo, un po' mi dispiaceva dovesse sorbirsi anche tutto il mio dolore) - Io... lui... non mi fa bene... non capisci... - le parole mi uscirono soffocate, mi si bloccarono in gola. Era doloroso, ormai era così brutto stare con quell'uomo che mi riportava ricordi orrendi.
Uscii dalla stanza con passo svelto, i piedi attraversarono il corridoio in calcestruzzo, sentivo una strana morsa allo stomaco e le lacrime sgorgavano dal mio viso senza che io ne avessi il controllo di loro. Ma non era l'unica cosa di cui non avevo il controllo. Io non avevo il controllo della mia vita, ed era proprio quello l'obbiettivo che volevo raggiungere.

Il volto era sprofondato nel cuscino viola, ormai inumidito dalle lacrime, nella mia mente erano venuti a galla tutti i brutti ricordi, ogni volta che ci pensavo mi sembravano più vividi della volta prima, non so quanto tempo trascorsi lì, avvolta nelle coperte con il viso sul cuscino per nascondermi dal mondo, come una custodia contro il dolore. So solo che quando alzai la testa per un brusio era ormai finito anche da un po' il tramonto, saranno state le otto e mezza.
Cercai di stiracchiarmi assonnata come se durante tutto quel tempo non fossi stata a disperarmi e piangere, e invece avessi fatto un sonnellino.
Me era poi così impossibile? E se fosse stato un incubo? In realtà ne dubitavo altamente, era più probabile che il dottor Lambert fosse un bravo psicologo.
Ma distolsi la mia mente da quei pensieri e andai a dare un'occhiata al cellulare, un  messaggio di una mia amica "Jackie mi sono dimenticata di comprare l'ultimo libro di Harry Potter, potresti darmi il tuo(visto che l'hai già letto)?" che che che!? Io il mio libro l'ho comprato io con i miei soldi! Ho sprecato io il mio tempo per comprarlo, che se lo comprasse lei. Non regalavo libri!!
"No... mi dispiace... l'ho perso ):" dalle mie dita sul tastierino uscirono solo altre bugie. Poi inviai, ma non ebbi rimorso, era solo l'ennesima innocua bugia.
Con questo spensi il cellulare e presi un cardigan, nonostante fosse estate avevo freddo, sentivo i brividi. Ma non ero sicura per il freddo.
Era vecchissimo, grigio e lo odiavo, era uno vecchio di mia madre. Ma era tutto il contrario del mio stile, ma la mia pelle al contatto con il probabile tessuto sintetico si sentì meglio, strinsi le braccia al petto per riscaldarmi, avevo le mani gelide, com'era possibile? Ci saranno stati un bel po' di gradi là fuori. Nonostante il cielo fosse ormai buio. Sentii suonare il campanello, da sotto, misi le calde pantofole e mi sentii stranamente protetta. - Chi è? - chiesi alzando la cornetta.
Una voce gracchiante rispose - Sono la signora del piano di sotto, stavo per entrare in casa quando davanti all'ingresso del palazzo ho ritrovato un pacchetto, ho dato un'occhiata e c'era il nome di Jacqueline Leclerq, te sei lei o sua madre? - era la vecchina! Mi arricciai i capelli sulle dita e dalle mie labbra uscì una bugia - Sua madre, me lo può portare, io sto facendo delle cose e Jacqueline non si sente molto bene - perché l'avevo detto?
Sbuffai un po' innervosita. Ma alla fine che importa? Non le cambieranno la vita le mie parole. Ancora intontita come se avessi dormito iniziai a fare una treccina con una ciocca di quel biondo infuocato.
La finii, iniziai con un altra ciocca. Ero alla terza ciocca quando suonarono alla porta.
La aprii e mi ritrovai davanti la vecchina del piano di sotto, la sua pelle per quanto rugosa sembrava un labirinto di cunicoli, il naso un po' da rapace e i piccoli occhietti grigi sembravano quasi belli in confronto. Aveva mani ossute. Con una mano scheletrica mi mise il pacco tra le mani. Era pesante.
- Grazie -
E la signora se ne andò sbattendo la mia porta di casa al posto mio, la signora aveva portato il pacco con estrema facilità. Per me pesava fin troppo. Lo poggiai con fatica sul tavolo. Dovevo essere ridotta male, una vecchietta che si aggirava sui cento anni era più forte di me.
Arrivò mia madre che appena mi vide il primo pensiero che le venne in mente fu - Uh che belle treccine! I tuoi capelli stanno bene con le trecce - sbuffai, - Che importa - cattivo umore.
Solo che mi infastidivo con estrema facilità, estrema.
Mia madre sembrava un po' delusa da me, glielo si leggeva negli occhi. Ma a quanto pare mollò l'osso per accanirsi sulla carne - Cos'è quello? - chiese con una punta di irritazione indicando il pacco.
Semplice carta da pacco, carta marrone con ghirigori dorati, sembrava biologica, e sopra c'era il mio nome scritto con un oro pregiato.
Con un effetto vedo non vedo. Che contrasto, la carta da due soldi con una scritta costosa.
Ero particolarmente incuriosita dal pacco, non c'era un mittente. Alzai una sopracciglia scettica. Per poi rispondere più calma del solito - Niente, un pacco per me senza mittente - che cruccio. Cosa c'era dentro? La mia mente si affollò di domande. Ma non le avrei mai risolte perché... - Sarà una trovata pubblicitaria o uno scherzo di qualche simpatica persona, non lo aprire, se ci fosse tipo un offerta che... una volta da piccola mi è capitato di trovare un pacco simile, era una trovata che ha fatto spendere ai nonni circa diciassettemila dracme - diciasettemila?! Sgranai gli occhi un attimo sorpresa. Non avrei aperto quel pacco.
- Oh no! Erano dracme, soldi greci dell'epoca, se li converti in euro saranno circa una cinquantina... - ah... b'è questo spiegava un po' di cose.
Annuii un po' scoraggiata, non potevo nemmeno aprire quel pacco.
Così andai in camera mia e poggiai il pacco per poi rivolgere la mia attenzione alla camera, il parquet era scurissimo, quasi nero. Tutti i muri erano stati verniciati di viola, da un lato della ampia stanza leggermente ovale stava il letto, sembrava a baldacchino, e in effetti lo era, solo che non ci avevo messo nessuno tessuto, dovevo ancora trovarlo, mentre dal lato opposto c'era un armadio nero, con alcuni ghirigori rossi, viola e dorati, come d'altronde era il letto.
Anche il comodino, di fianco al letto, era nero, anche lui aveva decori rossi, viola e dorati.
Di fronte a me che ero sulla soglia stava una finestra, piuttosto piccola, lì di fianco c'era una scrivania, il design era era moderno, piuttosto futuristico e bianco, ma l'avevo verniciato di viola e rosso, solo un po' male, la sedia era un legno scuro e anche lì vi avevo dipinto diversi ghirigori di quei colori tetri che adornavano la mia stanza. Ovviamente il tutto era fatto malissimo. Mentre di fianco a me stavano numerose mensole di molti colori. Avevo molti cuscini sparsi per la stanza.
Ripescai dalla mia mente la camera di mia madre, la mia in confronto alla sua era ancora al funerale. Solo che io non riuscivo a superare la cosa. Posai il pacco su una mensola e tornai in salotto per la cena.
La cena fu come al solito taciturna, ormai era quell'aria che aleggiava sempre tra di noi. Quel distacco. Com'ero arrabbiata, con mio padre, con... con... tutti!
Quei tredicenni che non mi guardavano solo perché avevo avuto dei problemi. Strinsi la forchetto con forza e azzannai il pollo con altrettanta.
Mia madre al rumore alzò lo sguardo, incrociai il suo e la vidi. Stralunata. Che era spesso quello che io provavo per lei. Distolse lo sguardo, forse non voleva che pensassi che mi pensasse strana.
Mi innervosii nuovamente, di nuovo contro di lei, perché non voleva che sapessi cosa pensava di me?! Che pensava fossi una pazza come tutti gli altri!
Mi alzai dalla sedia e liquidai il tutto con un - Non ho fame - minaccioso.
Tornai in camera mia e mi buttai nuovamente nel letto. Ma non piansi, questa volta volevo solo stare sola.
Rimasi lì, per un paio di minuti, poi mi stancai.
Mi alzai in piedi e presi il pacco, io volevo vederlo. E chi era lei per impedirmelo?
Così scartai la carta da pacco per ritrovarmi con un oro abbagliane davanti agli occhi che chiusi all'istante. Quando li riaprii osservai meglio il libro, c'era solo una scritta incisa in argento. Princess of Rebilia. Avevo sentito parlare di una promozione di un libro del genere da una ragazza. Ne avrebbero regalate delle copie speciali prima del tempo. Ma il ricordo era vago e non ero sicura fosse così.
Osservai meglio, nessuno descrizione, niente. Sembrava essere un po' rovinato.
Però il titolo ispirava. Chissà di che parlava?



lo so... è una psicopatica XD... ah e la scritta l'ho fatta grigia perché doveva essere argento e non potevo farla troppo chiara... lo so la fine era scarsa ma mi era andata via l'ispirazione e non volevo di nuovo rimandare. ah e harry potter l'ho scelto perché era l'unico che mi veniva in mente

Ultima modifica di charlotte-c (2012-08-19 19:05:29)


W le firme senza senso!
≈•The∞Lucky∞One•≈
 

#27 2012-08-20 11:25:02

Ancien joueur
Invité

Re: GDR:Princess of Rebilia

Ok, direi che a questo punto manca solo misteriosa

 

#28 2012-08-20 13:42:21

Ancien joueur misteriosa98
Invité

Re: GDR:Princess of Rebilia

Oddio, scusate TAT
Ma in questi giorni non solo ero impegnata ma non avevo nemmeno un briciolo di ispirazione D:
Cerchero' di postare entro oggi pomeriggio DD:
::::::::::::
Ecco, ora posto :''D


I deboli raggi di sole autunnali filtravano dalla finestra, svegliandomi da un sonno senza sogni.
Ancora mezza addormentata mi voltai verso il comodino dove c'era la sveglia. Segnava le quattro di pomeriggio.
Maledizione! Perche' non aveva suonato? Ora sarei stata messa in punizione un'altra volta, come se mi importasse delle loro stupide regole.
Poi mi ricordai... la sera prima non avevo messo la sveglia semplicemente perche' non ero in collegio, sarei rimasta a casa per un paio di giorni a causa di una sospensione.
Tirai un sospiro di sollievo, quella era esattamente una delle poche ragioni per cui adoravo stare a casa: potermi svegliare quando mi pareva.
Di solito, infatti, facevo tardi ai concerti e ora che tornavo e mi mettevo a dormire erano le sette di mattina. Dato che al collegio dovevo svegliarmi alle otto, un'ora scarsa di sonno non era il massimo.
Mi alzai e mi persi nel contemplare la mia stanza, non la vedevo molto dato che passavo la maggior parte della mia vita in quella stupida scuola; ma nonostante il poco tempo in cui ci stavo l'avevo personalizzata in modo piuttosto evidente.
Era sui toni scuri, le pareti tappezzate da foto di gruppi musicali o da biglietti di vecchi concerti. In un angolo c'era la mia chitarra classica, la mia migliore amica, affiancata da diversi spartiti e anche da alcuni testi di canzoni.
Sopra il letto c'erano diversi scaffali pieni zeppi di CD -ne avevo almeno una cinquantina- e libri. Non leggevo tanto quanto ascoltavo musica, ma ogni tanto ci stava. Piu' che altro c'erano libri di Hugo e Tolstoj.
Si, la mia stanza non era male... mi sarebbe solamente piaciuto poterci stare piu' spesso.
Mi alzai stiracchiandomi per bene e scesi al piano terra.
Entrai in cucina e, mentre me ne stavo in piedi al bancone con indosso il pigiama -una canottiera e un paio di pantaloncini- a bere un bicchiere di succo d'arancia, mia nonna entro'.
Tipico, Lady Penelope Wilkinsons doveva sempre spuntare fuori dal nulla a infastidirmi.
-Buongiorno.- bofonchiai, prendendo un sorso dal bicchiere.
-Buongiorno Blair. Si puo' sapere che ci fai qui? Ti dispiacerebbe alzarti a un orario normale e fare colazione in sala da pranzo, per una volta?-
Per tutta risposta sospirai, esasperata.
-A proposito, mi chiedevo se...- inizio' la nonna e io sapevo gia' cosa stava per dire. -stasera ci sarebbe un ballo, una cosa piccola, pochi invitati...-
-E...?- tagliai corto io.
-Beh mi chiedevo se non volessi venire. Infondo ci saranno un sacco di ragazzi della tua eta' e ti divertirai sicuramente!-
Certo, come no.
-Sai una cosa? Hai proprio ragione!- replicai sorridendo. -Potre mettermi uno degli abiti di mia madre, truccarmi e magari... perche' no? Potrei andare dalla parrucchiera per l'occasione! Infondo me lo chiedi solo da cinque anni.- dissi, con un eccessivo moto di entusiasmo.
-Oh, lo farai sul serio Blair?- chiese la nonna. Il viso le si era illuminato come se avesse ricevuto una notizia meravigliosa dopo anni di tragedie.
-No.- sibilai io, alzando gli occhi verso al cielo.
Possibile che non riuscisse a capire quanto detestassi la vita aristocratica e la gente che ne faceva parte?
Posai il bicchiere rumorosamente sul bancone e uscii dalla cucina scuotendo la testa.
-Sei cosi' maledettamente ostile!- mi grido' dietro la nonna.
-Gia'! Credo sia a causa del mio animo russo!- replicai mentre salivo le scale.
Sapevo benissimo quanto le davo sui nervi quando ricordavo le mie origine russe che lei aveva tanto voluto nascondermi.
Francamente pero’, non mi importava granche’ di quello che provava. E perche’ doveva poi? Io non avevo niente a che fare con quella donna.
Arrivata in camera mi diressi verso la finestra e scostai le tende: nebbia, nebbia e ancora nebbia.
Non era esattamente il clima ideale per passare il pomeriggio nel giardino della residenza Wilkinsons come facevo di solito, mi sarebbe toccato rimanere in casa.
Sospirai, odiavo restare chiusa la’ dentro.
Infondo quella non era nemmeno casa mia. Era solo un posto dove ero costretta a stare fino ai diciotto anni, poi me ne sarei andata. Non sapevo ancora dove, ma me ne sarei andata.
A volte ci fantasticavo su, sognavo di andare a vivere in una vecchia soffitta a Parigi, oppure in una casa in riva al mare in Australia, o ancora in una casetta in mezzo alle Alpi Italiane.
Nelle mie mete pero’ non c’era mai la Russia, malgrado quello fosse il luogo dove era andata a vivere mia madre… Io non ci sarei mai andata.
Volsi uno sguardo intorno per trovarmi qualcosa da fare quando venni interrotta dallo squillo del mio cellulare: un messaggio.
“Ehi B! Stasera vieni al concerto dei Blink? DEVI venire.” Era di Diana, la ragazza che ormai conoscevo da un paio d’anni, dato che la vedevo sempre ai concerti.
Non vedevo il motivo di rispondere, l’avrebbe comunque scoperto a distanza di poche ore.
Mi dedicai piuttosto alla ricerca di un passatempo, cosa faceva mia madre quando era rinchiusa tra queste mura come me? Come passava il tempo?
Non che potessi piu’ chiederglielo, ormai.
Alla fine passai le ore ascoltando musica, mettendo in ordine i CD, rileggendo le mie parti preferite di “Anna Karenina” e suonando la chitarra; tanto i muri della mia stanza erano talmente spessi che non mi avrebbe sentita nessuno.
Mangiai in camera mia, facendomi portare il cibo da una delle numerose cameriere che girovagavano per casa.
Non sarei riuscita a sopportare una cena presieduta dalla nonna, probabilmente avrei passato il tempo a cercare di ignorare le sue osservazioni su quanto lunghi erano i miei capelli, su quanto tenevo poco alle mie unghie e su come era precaria la mia preparazione in greco. Come se mi servisse il greco. Insomma, ormai non lo si parlava nemmeno in Grecia! O forse si? Beh, in ogni caso a me non interessava. Cosi’ come per non mi fregava nulla del Latino o delle leggi della Fisica.
Gia’… le uniche materie che mi attiravano erano Letteratura e Filosofia, a fasi alterne.
Mi decisi a togliermi le cuffie dalle orecchie solo quando sentii lo scricchiolare delle ruote dell’auto sulla ghiaia del vialetto: benissimo, ora avevo tutta la casa per me.
Valutai per qualche secondo l’ipotesi di trascorrere la serata a casa, probabilmente se fosse stata estate l’avrei fatto volentieri. Mi sarei sistemata sulla sedia a dondolo della veranda, con una tazza di caffe’ e la mia chitarra.
Ma dopo un pomeriggio passato rinchiusa tra quelle quattro mura ero ben decisa a prendere qualche boccata d’aria e magari… perche’ no? Ascoltare i Blink dal vivo.
Non ci misi molto a prepararmi, d’altronde non davo troppa importanza all’aspetto fisico.
Mi infilai un maglione nero che mi ricadeva sulle spalle lasciandole nude, jeans stretti e scuri, converse rosa chiaro piuttosto sbiadite e una grossa sciarpa di lana in tinta per ripararmi dal freddo autunnale.
Non mi presi il disturbo di pettinarmi i folti capelli fulvi e, afferrata la borsa a tracolla, mi affrettai a scendere dalle scale.
Il corridoio era deserto, meglio: non avrei dovuto fornire spiegazioni a nessuno riguardo la mia uscita.
Una volta aperta la porta d’ingresso pero’, mi ritrovai a pochi passi dal piede sinistro un pacco avvolto in carta postale.
Stavo gia’ per andare avanti, incurante quando mi accorsi che sul pacco c’era un biglietto. “Per Blair Wilkinsons” c’era scritto.
Mi chinai e lo presi, dalla forma sembrava un libro… ma chi mai avrebbe dovuto mandarmi una cosa del genere?
Volsi uno sguardo in giro nel tentativo di scorgere chi mi aveva lasciato quel pacco, ma il vialetto illuminato dai lampioni era deserto. E non si sentiva alcun rumore.
Scrollai le spalle e lo misi in borsa: ero gia’ in ritardo per il concerto.

Per scendere alla fermata giusta della metropolitana dovetti lottare un bel po’, piccola com’ero nessuno mi notava. Una volta all’aria aperta mi ritrovai in un luogo se possibile ancora piu’ affollato della metro.
Gente da ogni parte, si spintonavano in modo da entrare per primi nell’arena dove si sarebbe svolto il concerto tra pochi minuti.
Avevo scorto Diana insieme ad altre “vecchie conoscenze” e stavo per dirigermi da loro quando sentii qualcuno spintonarmi dal lato destro. Caddi rovinosamente sull’asfalto, maledicendo la folla di fans urlanti.
Cercai di tirarmi su in mezzo a tutto quel casino, quando vidi una mano pronta ad aiutarmi.
-Blair! Che sorpresa vederti qui. Devo aver perso l’equilibrio in mezzo a tutta questa gente, tutto a posto?- disse una voce sorpresa e cortese allo stesso tempo.
Alzai gli occhi e mi ritrovai davanti un ragazzo della mia stessa eta’, capelli biondi e occhi verdi.
Harry Hamilton. Il fighetto piu’ popolare del collegio, pronto a fare il cascamorto con tutte le ragazze: patetico.
-Certo!- replicai, grondante di sarcasmo. –Tutto a meraviglia! Credo sia fantastico cadere sull’asfalto freddo e duro, non trovi anche tu?- Mi alzai da sola, ignorando volontariamente il suo tentativo di aiuto.
Cielo, quando odiavo la gente come lui! Erano tutti belli fuori e marci dentro.
Feci per andarmene, cercando di farmi largo tra la folla quando mi sentii tirare il braccio –Senti, mi dispiace. Ok?-
Odiava essere stato trattato come avevo fatto io, lo sapevo bene, lui dalle ragazze si aspettava solo sorrisi idioti e moine varie.
Tentai di liberarmi dalla sua stretta d’acciaio, ma invano. Detestavo essere cosi’ magra e fragile.
-Rivorrei indietro il mio braccio, se non ti dispiace.- replicai freddamente.
Ma lui non cedette. Oh, cielo… si aspettava che mi mettessi a balbettare rossa di imbarazzo come tutte le sue ragazze?
Avevo seriamente iniziato a prendere in considerazione l’idea di servirmi del mio spray al peperoncino che tenevo in borsa, quando mi accorsi che quest’ultima giaceva abbandonata ai miei piedi. Probabilmente era scivolata via durante la caduta.
Seguendo il mio sguardo Harry si abasso’ subito a recuperarla ma nel farlo fece cadere il pacco che avevo trovato prima sulla porta. Il contenuto ne sguscio’ fuori –probabilmente la confezione non era sigillata- e Harry lo afferro’ al volo.
Come immaginavo era un libro. Lui ne lesse il titolo ad alta voce –Le principesse di Rebilia?- domando’ con tono canzonatorio.
Rimasi interdetta per qualche secondo, non riuscivo a capire il motivo per il qualche qualcuno mi avesse mandato un fantasy. Io detestavo i fantasy e non ero mai stata una gran sognatrice.
-Non ti facevo una da “Le principesse di Rebilia”- continuo’ a prendermi in giro.
-Beh, io non sapevo sapessi leggere.- risposi, asciutta. –Hai imparato di recente?- mi informai alzando un sopracciglio.
Poi, approfittando del fatto che aveva allentato la presa, liberai il mio braccio, recuperai la borsa; ebbi un momento di esitazione riguardo al libro, ma alla fine presi anche quello e mi avviai verso la fermata. Senza dargli il tempo di rispondermi.
Era sempre cosi’. La gente oltrepassava sempre il mio limite di sopportazione e io dovevo andarmene via altrimenti non avrei piu’ risposto delle mie azioni.
Sapevo benissimo di cosa avevo bisogno in quel momento: tranquillita’, la mia chitarra e magari anche una tazza di caffe’ nero. Forte.

Raggomitolata sul letto, dopo aver suonato un paio di canzoni alla chitarra, ero pronta a cambiarmi e andare a letto; quando mi ricordai del libro.
Allungai le dite verso il fondo del letto e le richiusi intorno alla copertina rigida.
Lo esaminai per bene, aveva l’aria vecchia ma non sembrava mal ridotto. La copertina era color rosso intenso e il titolo, “Le principesse di Rebilia”, era stampato in lettere nere.
Non riuscivo proprio a capire il motivo di quella consegna… ma tanto valeva dargli un’occhiata.
Lo aprii e mi ritrovai sotto agli occhi una pagina prevalentemente bianca, c’erano stampate solo poche parole: “Questo libro e’ speciale, gira la pagina e capirai”.
Alzai gli occhi al cielo. Cos’era, una caccia al tesoro?
Comunque, nonostante la mia solita indifferenza ero anche curiosa. Solo un pochino.
Girai la pagina con dita tremanti.
Ma prima che riuscissi a scoprire quel “libro speciale”, venni assalita da uno strano senso di vertigine.
Cercai di mettere a fuoco le pagine, ma la vista mi si annebbio’.
Feci appena in tempo ad afferrare la chitarra e la borsa, presa da un moto impulsivo, che tutto intorno a me svani’.

Ultima modifica di misteriosa98 (2012-08-20 23:07:55)

 

#29 2012-08-21 12:15:29

Ancien joueur
Invité

Re: GDR:Princess of Rebilia

Bene! ora che tutte abbiamo fatto il primo post, si può continuare =)
sono abbastanza certa (io) di poter postare oggi pomeriggio (perché avevo già preparato una bella continuazione ù.ù) non prima perché ci sono amici a casa

 

#30 2012-08-21 21:01:49

charlotte-c
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Re: GDR:Princess of Rebilia

sono ansiosa di vedere come andrai avanti comunque io non sfoglio subito la pagina... io la luce avevo pensato di vederla alla fine del secondo post >.<


W le firme senza senso!
≈•The∞Lucky∞One•≈
 

#31 2012-08-21 21:04:57

Ancien joueur
Invité

Re: GDR:Princess of Rebilia

Anche io ho pensato di fare così, ma non è che misteriosa abbia sbagliato.
C'era la libertà di scelta.

 

#32 2012-08-21 21:10:04

charlotte-c
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Re: GDR:Princess of Rebilia

non ho detto che ha sbagliato ouf comunque non è l'unica ad averlo fatto e chiamala serena, almeno un po' di tempo fa ci disse di chiamarla così.
ho solo detto che io nel secondo post ero ancora a casa... sarei arrivata a Rebilia solo nel 3°


W le firme senza senso!
≈•The∞Lucky∞One•≈
 

#33 2012-08-21 21:10:16

Ancien joueur piccolastilosa
Invité

Re: GDR:Princess of Rebilia

Ludo quando posti il secondo post ??

 

#34 2012-08-21 21:14:16

Ancien joueur
Invité

Re: GDR:Princess of Rebilia

Fra poco posto, al momento ne sto preparando uno per il gdr di camilla.
@charlotte-c:
Non ho detto che hai detto che è sbagliato (quanti giri di parole hypn ) era solo un opinione, non una critica a te.

 

#35 2012-08-21 21:16:04

charlotte-c
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Re: GDR:Princess of Rebilia

no non l'avevo preso per critica! era solo un'osservazione!


W le firme senza senso!
≈•The∞Lucky∞One•≈
 

#36 2012-08-21 21:17:10

Ancien joueur
Invité

Re: GDR:Princess of Rebilia

Ah meglio ouf
Comunque ho finito il post per il tuo gdr.
Fra poco posto anche qui

 

#37 2012-08-21 21:18:51

charlotte-c
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Re: GDR:Princess of Rebilia

va bene


W le firme senza senso!
≈•The∞Lucky∞One•≈
 

#38 2012-08-21 21:20:38

Ancien joueur misteriosa98
Invité

Re: GDR:Princess of Rebilia

Oh, quindi se i vostri pg sfogliano la pagina solo alla fine del secondo post, in teoria io dovrei saltare un turno, o sbaglio? ^-^

 

#39 2012-08-21 21:25:17

Ancien joueur
Invité

Re: GDR:Princess of Rebilia

Si serena, direi di si

 

#40 2012-08-21 21:27:40

charlotte-c
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Re: GDR:Princess of Rebilia

naaa, loro possono fare qualche post in più sul castello di noi... penso di poter sopravvivere se non siamo perfettamente coordinate... se non siamo nello stesso posto non penso ci siano grossi problemi...


W le firme senza senso!
≈•The∞Lucky∞One•≈
 

#41 2012-08-21 21:32:14

Ancien joueur
Invité

Re: GDR:Princess of Rebilia

Anche tu Camilla hai ragione ouf
facciamo così serena, scegli tu
----------------------------------------------
posto! E' un po' più corto del primo pezzo, ma tranquille vedrete che appena arrivo a rebilia i pezzi li allungo di più, poiché posso cimentarmi nelle descrizioni.
.......................


Mi fermo un attimo ad osservare il libro...Dalla rilegatura un po' malandata e dal classico odore dei libri da biblioteca sembrerebbe antico.
Anche se il titolo sulla copertina smentisce le precedenti ipotesi.
le principesse di rebilia

Mai sentito un titolo così. E io di libri di fiabe me ne intendo!
Che fosse un libro speciale? che so, una copia unica, mai letta da nessuno? Ma no, impossibile dai.
Oppure un libro perduto da un antico cantastorie medioevale? Ancora meno plausibile.
Abbassai nuovamente lo sguardo, soffermandomi sul titolo dorato ben inciso sullo sfondo scuro della copertina.
Quel libro sembrava...stregato. Sì, aveva un aurea magica, quel libro.
Forse aprirlo non è proprio una buona idea...qualcosa di questo libro mi sa di strano...di troppo strano.
Ma dai Indil! Da quando un libro è pericoloso? che c'è, credi che contenga una bomba?! Farò così, prima mi prendo un bel bicchiere d'acqua; poi inizio a sfogliarlo.
Detto fatto; mi dirigo in cucina e prendo quel bel bicchiere di vetro giallo con su incisa una I in verde. Un recente regalo della mamma. Poi apro il frigo e prendo una bottiglia d'acqua gasata, di quelle da un litro e mezzo e inizio a rovesciarne il contenuto nel bicchiere.
Appena l'acqua arriva a un pelo dal bordo chiudo la bottiglia e la rimetto in frigo; dopodiché porto il bicchiere alle labbra. Sento l'acqua ghiacciata che mi scende giù per la gola e quando noto che il bicchiere è quasi vuoto, inizio a farmi coraggio da sola.
Finito di bere poso il bicchiere nel lavello e torno in salotto...Il libro è ancora lì.
E' un buon segno, mi dico. Perlomeno sappiamo che non si muove da solo.
Apro la prima pagina...C'è nuovamente scritto il titolo.
Giro pagina di nuovo...c'é una scritta!
QUESTO LIBRO è SPECIALE, GIRA PAGINA E CAPIRAI
Speciale? in che senso? e se ci fosse seriamente una bomba dentro?
Oddio Indil, CAL-MA-TI!
Prendo un respiro e, armata di tutto il mio coraggio giro la pagina: è bianca!
Continuo a sfogliare le pagine, tutte bianche!
Man mano che vado avanti a sfogliare, la vista mi si fa sempre più annebbiata e sento come se la mente si stesse scollegando dal resto del corpo.
--------------------------

Ultima modifica di ludovica060599 (2012-08-21 21:53:43)

 

#42 2012-08-21 22:00:18

Ancien joueur misteriosa98
Invité

Re: GDR:Princess of Rebilia

Uhm... allora credo che faro' un post in piu' sul castello *^*
Comunque, c'e' anche il pg di Haru che ha gia' aperto il libro, coffcoff ^^'

 

#43 2012-08-21 22:13:58

Ancien joueur
Invité

Re: GDR:Princess of Rebilia

misteriosa98 ha scritto:

Uhm... allora credo che faro' un post in piu' sul castello *^*
Comunque, c'e' anche il pg di Haru che ha gia' aperto il libro, coffcoff ^^'

aomd_smile hai ragione

 

#44 2012-08-22 11:32:22

Ancien joueur piccolastilosa
Invité

Re: GDR:Princess of Rebilia

Ero ancora ferma sulla porta a guardare il grosso libro quando vidi arrivare in lontananza la Signora Burton in bici.  Mi affrettai a sparire e anche in fretta. "Qui si mette male"-. Pensai.
Feci sbattere con forza la porta d'ingresso. Corsi in camera mia e mi chiusi in camera. Anche volendo, lì la Signora Burton non sarebbe potuta entrare, avevo chiuso la porta a chiave.
Mi sedetti sul mio comodo letto.
Inizialmente restai in ascolto... e sentii la porta d'ingresso aprirsi. Era entrata.
Sopra il libro c'era un piccolo fiocco, lo sciolsi.
Il libro sembrava molto vecchio. La copertina era di color Magenta, gli angoli argentati. Sembrava quasi fatta in legno.
A differenza del volume, il peso era molto scarso. Strano, pensai.
"Non c'è nemmeno scritto l'autore"-.
Quel libro era strano. Me lo diceva il mio istinto.
Aprirlo sarebbe stata davvero una grande idea ? Forse si o forse no.
In quel momento sentii salire le scale. Era Lei. "Deborah, Deborah ! " chiamava.
Aprii il libro. C'era scritta solo una semplice frase. Ma proprio quella che prevedevo.
Questo libro, è speciale, gira pagina e capirai...
Dovevo farlo o non farlo ? Intanto i passi di Miss. Burton si facevano più vicini ...
"E va bene ! Giriamo questa maledettissima pagina ! "
Neanche il tempo di girarla del tutto... che mi colse una sensazione stranissima, mai provata prima.
Mi sentii come risucchiata in un enorme vortice ... non c'era via di scampo.
Tutto intorno a me cominciò a dissolversi.

 

#45 2012-08-25 21:52:15

Ancien joueur
Invité

Re: GDR:Princess of Rebilia

Sono tornata e vedo che ancora non siete arrivate a Rebilia, quindi se a Ludovica va bene potrei continuare la storia anche io ^^

 

#46 2012-08-25 21:57:04

charlotte-c
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Re: GDR:Princess of Rebilia

marymaryangel ha scritto:

Sono tornata e vedo che ancora non siete arrivate a Rebilia, quindi se a Ludovica va bene potrei continuare la storia anche io ^^

(??) non sono sicura di aver capito bene la tua domanda ma ora tutte dovremmo fare il secondo post, quindi sei quasi obbligata, devi fare il secondo post, lo abbiamo scritto nei post sopra, se non avevi capito bene spero che ora tu abbia capito.


W le firme senza senso!
≈•The∞Lucky∞One•≈
 

#47 2012-08-25 22:20:52

Ancien joueur
Invité

Re: GDR:Princess of Rebilia

@Charlotte tranquilla stavo solo chiedendo se potevo continuare a scrivere ora i più avanti perchè con Ludo ci eravamo messe d'accordo che siccome io ero in vacanza avremo fatto che il mio pg si sarebbe aggiunto agli altri più tardi ^^ ma ora che sono tornata credo non ci siano problemi a continuare subito ^^

 

#48 2012-08-25 22:25:52

charlotte-c
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Re: GDR:Princess of Rebilia

oh! ma certo! noi siamo rimaste indietro... avevi già scritto il primo post?? non ricordo scusa >.<... comunque certo che puoi continuare


W le firme senza senso!
≈•The∞Lucky∞One•≈
 

#49 2012-08-25 23:18:16

Ancien joueur
Invité

Re: GDR:Princess of Rebilia

Ovvio che puoi continuare, devi fornire il secomdo post. 
P.s. Bentornata

 

#50 2012-08-26 10:49:12

Ancien joueur
Invité

Re: GDR:Princess of Rebilia

Dopo aver lentamente passato la mano sulla copertina, pensai – Dai!!! Violetta ce la puoi fare, aprilo!-.
Da un lato volevo aprirlo e finalmente vedere che cosa nascondeva quel libro, dall’altra però…….avevo paura……..
Avevo una voce nella mia testa che continuamente mi sollecitava ad aprirlo, ma non ci riuscivo, avevo paura…..ma non era una paura come le altre, era strana, una paura che ti protegge, ti entra in corpo e ti fa venire forti fitte allo stomaco, una paura di quelle che ti mettono in guardia contro qualcosa, qualcosa di molto pericoloso, come un sesto senso, simile a quello degli animali, che avvertono il pericolo, per questo ero frenata, avevo paura e a quel punto credetti davvero che probabilmente non sarei mai riuscita a svelare quel penetrante mistero.
Passò il giorno e non ci furono momenti in cui non mi misi a pensare e a riflettere su quel libro, su chi me l’avesse mandato o cosa ci fosse scritto dentro e sentivo sempre un’irrefrenabile voglia di aprirlo e leggerlo.
Arrivo la cena e dopo aver cenato, senza dire una parola andai a dormire, mia madre era molto preoccupata e io le dissi che ero molto pensierosa ma non le svelai il perché.
Mi rifugiai sotto le coperte del mio letto e presi il libro questa volta con grande grinta e determinazione nel volerlo aprire.
Accesi la lampada presi Jins e mi feci forza.
Sentivo dei passi avvicinarsi alla mia camera, però erano ancora abbastanza lontani.
Dovevo sbrigarmi.
Presi il libro chiuso gli occhi e aprii la copertina, allora vidi che non era successo niente e li riaprii.
Sulla prima pagina vidi scritto: “Questo libro è speciale, gira la pagina e capirai”.
Beh pensai subito che doveva essere un brutto scherzo dei ragazzi del quartiere, ma la voglia di vedere che c’era scritto era proprio irrefrenabile.
Allora gira la seconda pagina ma era bianca e anche la terza e le quarta e così via!
Così continuai a girarle come una forsennata e osservai che erano infinite.
A un certo punto, mi venne un forte mal di testa.
Mi girava e rigirava la testa, me la sentivo scoppiare.
Poi chiusi gli occhi e……..

 
 

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