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marron ha 1 punti di bontà.

marron
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4
Creatrice di videogiochi
Flash

Trama:Dopo una lunga serie di vacanze a causa della grave malattia di Denise,riprende a continuare la sua carriera scolastica.Anche essendo l'ultimo mese dell'anno la ragazza non si sente ancora pronta a riprendere e a ritornare alla vecchia vita di prima,ma nello stesso giorno fa la conoscienza di un ragazzo,Kentin,quest'ultimo era un suo vecchio amico,cambiato totalmente dopo essersi allontanato dalla scuola per un anno.La ragazza riprenderà a vivere e cambierà totalmente la sua vita,così da essere finalmente felice.-

Attenzione:i seguenti personaggi usati nella storia sono presi dal sito/gioco Dolce Flirt-

>> Prologo

Un mese.Era già passato un mese.Com’era possibile? E dire che mi sembrava di essere ancora in pieno novembre...peccato però che la sveglia non fosse del mio stesso parere. Quasi con aria sprezzante, eccola qui, davanti ai miei occhi, ad indicare imperterrita per la quattordicesima volta la data:"01/12".Biascicai qualcosa, forse un’imprecazione, forse una sorta di supplica rivolta a quell’aggeggio tanto crudele, nella speranza che da un momento all’altro quel 12 cambiasse magicamente in un undici, ma il miracolo sembrava non voler accadere… Era proprio il primo di dicembre e io ero proprio fregata.
«Denise, la colazione è pronta!» la voce di mia madre echeggiò per tutta la casa, raggiungendo prepotentemente le mie orecchie. Sbuffai, si stava così al calduccio sotto le coperte, solo un pazzo si sarebbe alzato e io di certo non lo ero. Mi tirai il lenzuolo fin sopra il naso e iniziai a fissare il soffitto, quasi rapita dalle ombre che i miei mobili proiettavano per via della luce filtrata dalle imposte della finestra. Restai così per non so quanto tempo, forse cinque minuti, forse dieci. Sì, insomma, avrei fatto di tutto pur di non alzarmi.
«Denise!» fece mia madre spazientita. «Se non vieni subito in cucina, ti ci porto io di peso!»
Ecco, si era arrabbiata, perfetto. A questo punto le opzioni che mi si prospettavano erano due: rimanere a letto finché mia madre non veniva di persona a buttarmi giù, oppure alzarmi di mia spontanea volontà sperando di non sorbirmi la solita ramanzina. Forse avrei potuto pensare a una terza soluzione, ma di prima mattina il mio cervello era ancora in fase di caricamento e sarebbe stato pretendere troppo. Sbuffai, di nuovo. Con mio grande sforzo scesi dal letto e dopo aver perso un minuto buono a cercare le mie pantofole, mi  piantai davanti allo specchio:  sopra la mia testa ebbi come l’impressione di vedere roteare a caratteri cubitali una scritta che conoscevo fin troppo bene.
''Game Over''E fu così che quel primo e lungo giorno di scuola ebbe inizio.

>> Capitolo 01

Sette e quarant’otto. La macchina di mio padre iniziò a rallentare per poi fermarsi definitivamente davanti all’ingresso della scuola. Deglutii con nervosismo, anche se mancavano ancora poco più di dieci minuti al suono della campanella, il cortile era già invaso da una folla, o forse era meglio dire da una mandria, di studenti accalcati in attesa di entrare.
«Allora? Vogliamo stare qui tutta la mattina?» sentii chiedermi con tono visibilmente spazientito. Io farfugliai qualcosa, nella mia testa dovevano essere delle scuse per essermi imbambolata di punto in bianco, ma le mie labbra per qualche arcano motivo non mi diedero retta e si mossero producendo uno strano biascichio incomprensibile all’orecchio umano.
«Ehm, allora ciao.» mormorai scendendo dalla vettura mentre mio padre ricambiava il saluto e ripartiva. Restai a guardare la sua macchina farsi sempre più piccola, finché, una volta svoltato l’angolo, uscì completamente dalla mia visuale. Istintivamente mi portai un dito alle labbra e iniziai a mordicchiare con stizza l’unghia già sorprendentemente corta, o comunque, quel poco che ne rimaneva.“Fattene una ragione Deni, questa volta il tasto reset non c’è...” dissi tra me e me e quasi rassegnata mi obbligai a oltrepassare il cancello della scuola. Ok, adesso dovevo soltanto percorrere quei venti metri che mi separavano dall’entrata dell’istituto, niente di più semplice, no? Cominciai a camminare con passo spedito, la mani che stringevano nervosamente la mia tracolla, quasi cercassero un appiglio sicuro a cui aggrapparsi e gli occhi perennemente puntati sulle mattonelle del cortile, per evitare di incrociare lo sguardo di qualcuno. Passare inosservata: questa era la parola d’ordine.“Dai, ci sei quasi…” continuavo a ripetermi e ingenuamente convinta di aver ormai raggiunto il mio traguardo, alzai per qualche istante la testa: un lasso di tempo quasi irrisorio, ma sufficiente abbastanza per erigere un muro di studenti pronto a sbarrarmi la strada. Che fosse solo frutto della mia immaginazione o meno, non mi importava, perché di colpo li sentivo, uno ad uno, tutti i loro sguardi puntati su di me, in attesa di una mia mossa. Lì, paralizzata in mezzo al cortile, ero già pronta a scegliere l’opzione "fuga" quando improvvisamente tra tutti quei volti vuoti sbucò fuori una treccia rossa che si mise ad ondeggiare allegramente. La mia ancora di salvezza.«Deni, ciao!» mi salutò sorridendo Iris una volta che mi ebbe raggiunta.
«Ciao Iris.» risposi io tirando un leggero sospiro di sollievo. La sola idea di affrontare quella folla mi terrorizzava a morte, ma con Iris, con qualcuno che conoscevo, era tutta un’altra storia.«Allora, come stai??RACCONTA TUTTO!?» cominciò a chiedermi con una faccia buffa e gli occhi spalancati,mentre ci dirigevamo verso l’ingresso superando così il muro ora non più così tanto invalicabile.
«Mi vedi qui,no?tutto a posto.o meglio beh,meglio di prima...»
Iris sorrise lievemente.Sinceramente non avrei mai voluto iniziare la giornata parlando di avvenimenti che mi fanno solo pensare che sia in rischio di morte,anche se so che gli altri me lo chiederanno perchè mi hanno pensato in tutto questo tempo.«Certo che potevi rispondere ai miei sms o darmi un segnale di "tutto a posto"…»mi rimproverò Iris una volta raggiunta miracolosamente l’entrata. In effetti mi ha dato anche fastidio guardare scoppiare il mio cellulare con tutte le notifiche di messaggi o chiamate perse,ma che ci potevo fare?Stavo pur sempre in fase di riposo.Feci spallucce e cercai di cambiare discorso.
«Piuttosto, le altre sono già arrivate?»«Non ancora, prima stavo messaggiando con Violette, dovrebbe arrivare da un momento all’altro.» mi spiegò lei dopo aver scosso lievemente il capo. Passammo così qualche minuto a chiacchierare su quello che avevamo fatto nel mese scorso, o meglio, su quello che aveva fatto Iris, visto che io, a parte l’essere riuscita a non annoiarmi, non avevo nulla da raccontare che potesse interessarle.Proprio mentre la ragazza mi stava parlando di quando lei,suo fratello e suo padre erano andati in campeggio, qualcosa mi travolse stringendomi così forte che per poco mi mancò il respiro.
«Ciao Denny!» esclamò scoccandomi un bacio sulla guancia Rosalya, pochi istanti e poi si fiondò anche su Iris, riservandole lo stesso trattamento.
«Ciao Rosa…» mormorai ancora mezza intontita mentre mi ripulivo la faccia, sperando che il suo lucidalabbra non mi avesse lasciato alcun segno.«Ciao Rosa, come siamo belle pimpanti oggi!» constatò con un sorriso Iris mentre anche lei si riprendeva da quel’abbraccio/presa a tenaglia. Dopo un anno ormai pensavo di esserci abituate, ma quanto pare non era affatto così. Rosalya si mise a ridere divertita e dopo avermi chiesto come stavo, iniziò a raccontarci a manetta della sua splendida settimana passata assieme al suo splendido fidanzato Leigh. Quando si trattava del suo ragazzo, Rosa era in grado di parlare all’infinito senza quasi mai riprendere fiato, come facesse, restava un mistero. Che fosse grazie alla tanto decantata forza dell’amore? Per fortuna, dopo qualche minuto suonò la campanella risparmiandoci così i dettagli. Quasi sospinte da quella folla di studenti, finimmo quindi con l’entrare anche noi e subito ci fiondammo lungo il corridoio sperando di essere le prime a raggiungere la nostra classe, o almeno, l’intenzione era quella, peccato che Rosalya fosse peggio di una lumaca…
«Provate voi a correre con questi stivali e poi ne riparliamo!» commentò piccata dopo che per l’ennesima volta l’avevo incitata ad aumentare il passo.
«E allora perché li hai messi su?» chiesi a questo punto io.
«Perché mi stanno divinamente, che domande!» mi rispose come se fosse la cosa più ovvia del mondo, e certo, come potevo non esserci arrivata da sola? Lasciai cadere il discorso, tanto sapevo che non aveva senso insistere. Dopo aver salito le scale ci ritrovammo davanti la nostra aula e una volta entrate scoprimmo amaramente che l’ultima fila, quella a cui ambivamo, purtroppo era già stata occupata. Sbuffai un po’ delusa.«Vabbè, io mi metto qua.» dissi appoggiando la mia tracolla su un banco in terza fila, vicino alla finestra. Iris si mise di fianco a me, mentre Rosa scelse i posti davanti, pronta a riprendere il racconto delle sue vacanze. Fortunatamente dovette interrompersi quasi subito per salutare una Violette entrata in classe tutta trafelata.
«Viò!» esclamò avventandosi subito su di lei e riservandole uno dei suoi soliti abbracci, alla ragazza dai capelli color malva ci volle un attimo prima di riprendersi.
«Scusate, ho trovato traffico…» cercò di giustificarsi con un filo di voce mentre ci salutava e tentava di riprendere fiato.
Ecco, con Violette il nostro piccolo gruppo era al completo. Un po’ particolare, vero? Era già passato un anno da quando, durante il primo giorno di liceo, Iris mi aveva rivolto la parola e con un sorriso raggiante mi aveva chiesto se potesse sedersi di fianco a me.All’epoca naturalmente non sapevo ancora che da lì a poco sarei diventata amica sua, di Violette e di Rosalya e che quel primo anno di scuola superiore si sarebbe rivelato insolitamente ricco di avvenimenti. Eccomi infatti un giorno a rincorrere il cagnolino della preside per tutto l’edificio scolastico insieme a Iris, un altro giorno invece a partecipare a una gara di orienteering in coppia con Violette, finendo poi puntualmente bloccate in mezzo a un bosco, e un altro ancora a cercare di convincere Rosa a fare pace con il suo adorato Leigh dopo l’ennesimo litigio. Strano ma vero, grazie a loro per una volta potremmo dire che non trovassi un totale supplizio dover andare a scuola, mia nemesi per eccellenza, nonostante il mio odio atavico nei suoi confronti. Sentirsi accettata da un gruppo e essere sua parte integrante era davvero appagante, una sensazione fantastica, quasi inebriante: io, una nerd senza speranza, insicura di tutto tranne quando mi trovavo davanti a uno schermo e dalle capacità comunicative pari a quelle di un bradipo muto, ero riuscita a trovarmi delle amiche... finalmente le cose aveno iniziato a girare per il verso giusto... o almeno, così credevo. Eppure non so, di tanto in tanto avevo come l’impressione che ci fosse qualcosa che non quadrasse, qualcosa fuori posto.Cercavo di non darlo a vedere, ma qualche volta il non poter raccontare loro di come ero riuscita a terminare quel determinato videogioco un po’ mi pesava. Quando chiacchieravamo tra di noi, se provavo a intervenire lamentandomi che nell’ultimo numero di quel manga era morto il mio personaggio preferito, cosa che mi aveva fatto versare fiumi e fiumi di lacrime ed inveire peggio di uno scaricatore di porto, si ripetava sempre la stessa identica scena. Subito Rosa inarcava il sopraciglio perplessa e cominciava a guardarsi distrattamente le unghie, mentre Iris e Violette, armate di buone intenzioni, mi ascoltavano pazientemente cercando di mostrare interesse, senza però capirci un'acca. E così, piuttosto che annoiare a morte tutte, ormai era da un po’ che avevo deciso di finirla con questi tentavi sporadici, convincendomi che le cose andassero benissimo così. Sì, ormai ci avevo fatto l’abitudine e non c’era bisogno che cambiassero...
«Ehi, Terra chiama Denny, ci sei?» la voce squillante di Rosa mi riportò in classe.«Eh? Ah, scusa ero sovrappensiero…» risposi distrattamente voltandomi verso la ragazza. Stavo per chiederle di cosa stesse parlando con le altre, anche se ero quasi sicura riguardasse Leigh, quando la porta dell’aula si aprì ed entrò il professor Faraize.
«Buongiorno ragazzi.» disse velocemente mentre poneva sulla cattedra il registro e una serie di foglietti e fogliettini, eravamo solo al primo giorno di scuola e già se ne andava in giro con i suoi soliti fogli volanti? Quell’uomo non sapeva proprio cosa significasse la parola "organizzazione"... Aspettò quindi che tutti presero posto e che si fosse fatto silenzio.
«Bene, come forse avete già notato, in questa aula è presente un banco in più…» iniziò a spiegarci indicandoci due posti liberi in prima fila, proprio davanti a quelli di Rosalya e Violette.
«…quest’anno infatti avrete un nuovo compagno di classe, mi raccomando, mi aspetto da voi la massima disponibilità e collaborazione.» e fece un lieve cenno in direzione della porta. Restammo in attesa per qualche secondo, finché non entrò un ragazzo che si mise davanti alla cattedra. Un mormorio sommesso si levò tra noi studenti.«Ma è…» sentii sussurrare Iris con tono sorpreso. Anch’io iniziai ad osservarl stupita, era vestito in un modo quasi infantile.Con dei pantaloni in stile militare,una maglietta nera con sopra una giacca bianca.
«Ciao a tutti! Io sono Kentin, piacere di conoscervi!»

>> Capitolo 02

«Kentin, ci sei?»domandò spazientita mia madre alla porta del bagno.Dovette aspettare un po’ prima di ottenere come risposta uno sbrigativo “ho quasi finito”, parole che gli fecero provare l’irrefrenabile impulso di prendere a testate il muro. Quando una persona dice così, generalmente esce dopo neanche cinque minuti, no? Ecco,io ero un discorso completamente a parte: nella mia lingua “ho quasi finito” equivaleva a dire “mettiti il cuore in pace, qui ci vorranno come minimo altri venti minuti”. Quasi rassegnata, appoggiò la schiena contro il muro, sperando un po’ ingenuamente che mi dessi una mossa.«Ma non ti sei ancora vestito?» esclamò esasperata.
«Calmina eh. »Senza perdere ulteriore tempo corsi immediatamente in camera mia per guardare che ore erano,ovvero le otto meno dieci.Così mi misi una maglia a caso e il pantalone che mi stava tnto bene,scarpe a caso e una giacca bianca che mi desse uno stile.BOOM,ora erano le sette e cinquantacinque e non potevo far tardi al  primo giorno di scuola,VI RENDETE CONTO!Possibile che abbia sprecato 40 minuti interi per prepararmi la presentazione?Mentre parlavo tra me e me cominciai a correre come un matto e in ogni macchina che passava c'era qualcuno che si girava verso di me,io non ci badavo e tenevo fisso lo sguardo sul cancello dellla scuola cui avrei sorpassato..Proprio nell'istante in cui stavo per entrare a scuola mi sembrò di intravedere tra la folla Denise con Iris che stavano discutendo di qualcosa,ma non ci feci caso e proseguì.Nonostante avessi già visitato la scuola quando ero andato ad iscrivermi, una volta messo piede in quel corridoio deserto non potei non provare una certa tensione mista a un senso di smarrimento, la campanella era suonata da un pezzo e di studenti o insegnanti non c’era neppure l’ombra. Affisso all’ingresso c’era un foglio con segnate tutte le classi e le aule corrispondenti, iniziai a leggere la lista dei nomi finché non trovai il mio.«Ok, e adesso da che parte si va?» chiesi non sapendo minimamente dove trovare la fantomatica “aula E” a cui era stata assegnata la nostra classe.Non sapendo minimamente cosa fare optai per andare nella sala delegati a chiedere informazioni.

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